I sommersi e i salvati

Leggere i sommersi e i salvati è come ricevere un pugno nello stomaco il cui effetto ti appartiene per sempre, ti lascia senza fiato. È cadere in un baratro senza fine, è una ferita che non si cicatrizza praticamente mai. Leggere i sommersi e i salvati non ha niente a che vedere con il verbo “leggere”, riguarda soprattutto i verbi inorridire, soffrire, dilaniare (corpo e anima) e in seguito sapere, prendere coscienza, cercare di capire l’incapibile, l’inspiegabile.

Come si può capire, come si può spiegare a chi non lo ha vissuto, cosa significhi la violenza quotidiana che subivano i deportati? Primo Levi scrive:" L'inutile crudeltà del pudore violato condiziona l'esistenza di tutti i lager. Le donne di Birkenau raccontano che, una volta conquistata una gamella (grossa scodella di lamiera smaltata), se ne dovevano servire per tre usi distinti: per riscuotere la zuppa quotidiana; per evacuarvi di notte, quando l'accesso alla latrina era vietato; per lavarsi quando c'era acqua ai lavatoi". Sempre lo stesso Levi continua:" Come esempio estremo di violenza si pensi all'empio uso che è stato fatto, attraverso gli esperimenti, del corpo umano come di un oggetto, di una cosa di nessuno, di cui si poteva disporre in modo arbitrario. La gamma di questi esperimenti si estendeva da controlli di nuovi medicamenti su prigionieri inconsapevoli, fino a torture insensate e scientificamente inutili, come quelle svolte a Dachau. Qui, gli individui prescelti venivano sottoposti a lunghi soggiorni in acqua gelida, o introdotti in camere di decompressione in cui si simulava la rarefazione dell'aria a 20mila metri, per stabilire a quale altitudine il sangue umano incomincia a bollire".

Come si può spiegare cosa significhi essere trasformati in bestie e non avere più alcuna dignità di esseri umani. Come si può raccontare una sofferenza, un peso, un macigno che non ti fa più dormire la notte, che non ti fa più respirare, che non ti fa più vivere.

Dove era Dio? E soprattutto dove era l’uomo? E dove è finito oggi quello stesso uomo che poco più di mezzo secolo fa si rendeva protagonista di una delle pagine più tristi di tutta la storia dell’umanità?  Siamo sicuri che sia sparito definitivamente? Che non alberghi più in nessuno di noi? L’angoscia che cresce dentro quando si leggono le pagine de “I sommersi e i salvati”, l’ansia che si prova nell’avvicinarsi a certi fatti, ad alcuni accadimenti, mi fanno pensare che quell’uomo è ancora lì, dentro ognuno di noi, ma non è lui ad essere imprigionato in noi, bensì noi che siamo prigionieri di lui.

Commenti

Teo979 ha detto…
"Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no..."

Solo chi ci è passato può comprenderlo fino in fondo e Primo Levi è riuscito a trasmetterlo a tutti noi in una maniera fantastica.

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