Domenica a L'Aquila


Sono tornato a L'Aquila. Da quel maledetto aprile non ci avevo messo più piede. Quasi non avessi il coraggio di rivivere certi momenti. Ma ieri, quando son passato per le vie del centro, quando ho rivisto il palazzo (messo in sicurezza, l'unico della zona) dove ho vissuto tanti momenti intensi, quando ho rivisto tutte quelle macerie, è come se non me ne fossi mai andato. Le emozioni mi son tornate addosso in pieno, mi hanno travolto, inondato. Esternamente non ho versato neanche una lacrima, ma dentro piangevo, eccome se piangevo, un pianto che pensavo non avrei mai più provato, e che invece ho scoperto mi accompagna da un anno.

Le macerie sono il simbolo di una popolazione ferita ma, come ho constatato personalmente, ancora viva, con una gran voglia di lottare. Mi sarebbe piaciuto vedere più gente in piazza, mi piacerebbe vedere negli occhi di tutti la voglia di riprendersi la propria città, la propria vita; voglia che ho visto inequivocabilmente negli sguardi di molti, ma non di tutti. Lo so, c'è voglia di normalità, c'è bisogno di normalità, ma è proprio per questo che si combatte, perchè un giorno questa normalità possa tornare e non essere un'eccezione. Ieri è stato bello vedere la gente che passeggiava, i bambini che correvano per la piazza, la gente che usciva dalla chiesa delle Anime Sante dopo la messa, con un ramoscello d'ulivo in mano. Scene di vita quotidiana, scene di vita che fu, e che un giorno tornerà ad essere.

Commenti

Unknown ha detto…
Sono capitata qui per caso, tramite un tuo link su Fb.
Anche io sono una ragazza abruzzese, ma il mio paese x fortuna è uscito illeso dalle scosse. Credo tu abbia fatto un grande gesto x te stesso, andando lì. Riprendere contatto con le proprie radici, ricostruire se stessi e i propri percorsi implica dover elaborare questo lutto. In bocca al lupo. Ce la farete tutti, ne sono certa, perchè noi siamo cocciuti e tosti! ;)
Antonello Falchi ha detto…
Ciao Alessia, ti ringrazio per il commento. Parlarne è l'unico modo per tenere alta l'attenzione su quello che è successo, io cerco di farlo facendo trasparire le mie emozioni attraverso la scrittura. Io non sono abruzzese, però la vita mi ha portato a conoscere quella città in maniera approfondita, facendola sentire parte di me, soprattutto da quel maledetto 6 aprile. Mi sento quasi aquilano pur non essendolo di nascita, e le dimostrazioni di solidarietà come la tua danno la forza per andare avanti e non arrendersi mai.

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