Sono tornato. E tutto è come prima. L'Aquila compresa


Eccolo! Per la gioia dei miei tre lettori quotidiani, che da quando non sto più postando sicuramente mi hanno ormai abbandonato, torno a scrivere nel mio amatissimo e visitatissimo (...) blog. Mi piacerebbe raccontarvi la mia mirabolante estate, che ho passato in un atollo in mezzo all'oceano pacifico, a fare da spettatore (purtroppo solo spettatore) a una troupe cinematografica intenta a girare un film porno che uscirà nelle sale italiane il prossimo autunno con il titolo: "L'uomo che guardava gli altri divertirsi"; ma penso che non sia granchè interessante, a meno che non vogliate sapere la trama intricatissima del film...

Ma passiamo ad altro, un argomento di cui già ho parlato nei mesi precedenti, il terremoto de L'Aquila. Qualche tempo fa mi chiedevo (anche se la risposta si poteva prevedere) se almeno questa volta il governo italiano e lo stato sarebbero riusciti a ridare una speranza ai terremotati abruzzesi, speranza sotto forma di case da consegnare prima dell'inverno ai cittadini colpiti dalla sciagura. Ebbene, sorpresa delle sorprese, la maggior parte della gente non ha la più pallida idea di dove andrà a passare l'inverno, la protezione civile sta iniziando a smontare le tendopoli e la gente che c'era dentro vive una situazione di caos più totale, e riguardo questo, voglio riportare una lettera scritta dai terremotati abruzzesi e diretta al Presidente Napolitano, che in questi giorni ha fatto atto di presenza nelle località devastate dal sisma. LEGGETELA CON ATTENZIONE:

Caro Presidente,le cronache sulla sua visita di ieri nella nostra città, a cinque mesi dal terremoto del 6 aprile, parlano del calore con cui gli aquilani l'hanno accolta e riferiscono del conforto da lei espresso nel vedere, dopo tutto quello che è successo, “fiducia e gente sorridente” che “crede molto nelle istituzioni”. Altro, a parte le note di colore, non è stato riportato. Sappiamo che ha parlato con i responsabili della Protezione Civile, con i rappresentanti locali. Ha avuto modo di chiedere, di vedere e di informarsi. Ma non ha aggiunto altro.
E' vero caro Presidente. Noi, anche quelli che non erano lì a stringerle la mano o ad ascoltare l'inno di Mameli, crediamo molto nelle istituzioni. Anzi moltissimo. Perché per noi le istituzioni rappresentano la possibilità di affrontare insieme i problemi di una comunità per risolverli insieme. Quindi dato che di problemi, dal 6 aprile, ne abbiamo un po' più del normale, nelle istituzioni crediamo molto, anche perché ne abbiamo molto bisogno. Questo lei lo sa, lo ha visto. Ha visto la distruzione immensa. Sa, come tutti noi, che da un evento del genere non ci si riprende se non attraverso sforzi collettivi eccezionali e soprattutto attraverso le scelte giuste. Altrimenti, semplicemente, le città e i paesi muoiono. Ha visto, caro Presidente, il sorriso riaffiorare su qualche volto degli abitanti di Onna. Perché dopo i troppi lutti e la sofferenza di cinque mesi di tenda, potranno avere un tetto nel piccolo villaggio di case di legno che sorge accanto al paese distrutto. Ha potuto capire, caro Presidente, che la speranza è nel poter riallacciare i fili spezzati con le persone e i luoghi. E' poter restare insieme e restare lì. Vicino alla tua casa rotta, o mezza rotta, smozzicata, scoperchiata, ma che è la tua casa. La speranza è di ricostruire la casa, la scuola, le strade e le piazze e di ritrovarsi insieme. Ma sulla strada che dall'Aquila conduce ad Onna, caro Presidente, avrà visto anche il cantiere di Bazzano, dove si costruisce il più grande dei 19 nuovi insediamenti destinati ad ospitare chi ha perso la casa. E' il Piano C.A.S.E. (Comitati Antisismici Sostenibili Ecompatibili), voluto dalla istituzione Protezione Civile, previsto da un decreto legge dell'istituzione Governo, convertito in legge dall'istituzione Parlamento, approvato con il sostegno convinto dell'istituzione Regione Abruzzo e con l'avvallo delle istituzioni Provincia e Comune dell'Aquila. E questa è tutta un'altra storia. Ed è, purtroppo, quella vera che nulla ha a che vedere con la vicenda di Onna, è il suo contrario. Il Piano era già pronto, ambizioso e innovativo: per la prima volta gli sfollati non sarebbero stati ridotti in roulotte o container ma, dopo qualche tempo in tenda, avrebbero avuto direttamente case vere, antisismiche, ecologiche e con tutti i comfort. Circa 5.000 abitazioni per circa 15.000 persone, che vi avrebbero abitato il tempo necessario a ricostruire la propria casa.Così 30 mila persone sono state tenute in tenda per cinque mesi e altrettante, lontane negli alberghi della costa abruzzese, perché tutti, in autunno, avrebbero potuto avere un tetto: chi riparando i danni lievi della propria abitazione, chi trovando posto nelle nuove C.A.S.E.. Ma, caro Presidente, non è andata così. Non gliel'hanno detto?Le tende hanno cominciato a toglierle davvero, solo che le case danneggiate non sono state riparate e le C.A.S.E., quando saranno tutte consegnate (dicembre? febbraio? aprile?), non basteranno. Per cui le persone dalle tende vengono trasportate in caserma o in albergo - la destinazione viene comunicata poco prima in modo da ridurre il rischio di rimostranze. Gli alberghi dell'aquilano sono pieni e quindi decine di migliaia di persone dovranno essere piazzate in altri territori e province. Chi ha la fortuna di avere ancora lavoro a L'Aquila o ha un figlio da mandare a scuola, potrà viaggiare con mezzi propri o autobus navetta, questi – pare – messi a disposizione dalle istituzioni. Gli altri staranno lì in attesa degli eventi.Questa è la storia di una devastazione annunciata, caro Presidente. Lo smembramento delle comunità, praticato all'indomani del terremoto, viene proseguito dopo cinque mesi e perpetuato in quelli a venire. Perché non si è saputo e non si è voluto dare priorità alla ricostruzione ma alla costruzione del nuovo. E poi l'antico adagio resta valido: divide et impera. Se vuoi comandare sulle persone, tienile separate. Nei campi tenda, dove le persone per forza stanno insieme, è vietato distribuire volantini, è vietato riunirsi e discutere liberamente. I diritti e le libertà costituzionali, caro Presidente. Con tutte le nostre forze, da subito, abbiamo chiesto alle istituzioni che venissero risparmiate sofferenze, denaro pubblico e le bellezze del territorio, ricorrendo a case di legno, prefabbricati e simili. Soluzioni rapide (4 settimane per averle pronte), economiche (un terzo di una C.A.S.A.), dignitose, sicure, che permettono di restare vicini nel proprio territorio da ricostruire e che possono essere rimosse quando non serviranno più. Ma non c'è stato nulla da fare. Le istituzioni non hanno voluto ascoltare.Bisogna costruire le nuove C.A.S.E. 24 ore al giorno, spendendo tutti i soldi che ci sono davvero - oltre 700 mil. di euro - e usando pure quelli donati dagli italiani. Tirando su, in tutta fretta, insediamenti che saranno definitivi, dove capita, senza logica urbanistica, senza minimamente rispettare criteri di prossimità ai nuclei precedenti. Intanto, tutto il resto, con l'inverno alle porte, è fermo. Il riparabile non viene riparato, il centro storico resta immerso in un silenzio spettrale. Perché?Che farebbe lei caro Presidente, se a cinque mesi dal terremoto non sapesse dove trovare una sistemazione per la sua famiglia, una scuola per i suoi figli, un lavoro che ha perso? Se non avesse la minima idea di come e quando potrà riparare la sua casa, ammesso che ne abbia ancora una? Molti, troppi, non hanno potuto fare altro che andare via. Accettare che, almeno per un po', a L'Aquila non è possibile tornare. Ma se non ora, dopo cinque mesi, quando? Lo spopolamento in atto, diventerà progressivo e definitivo se qualcosa di importante non cambierà e subito. Tutto questo l'abbiamo denunciato, chiesto, urlato, ogni volta che abbiamo potuto e come abbiamo potuto. Di tutto questo nessuno le ha detto nulla? Perché nemmeno una perplessità, un dubbio nelle sue parole di ieri sulle scelte fatte? Caro Presidente, ha ragione, noi ci crediamo davvero nelle istituzioni. Eppure si sbaglia, caro Presidente, perché di fiducia non ce n'è più. La supponenza, l'arroganza, l'ignoranza, la complicità, gli interessi inconfessabili, l'incapacità e l'inettitudine logorano la fiducia nelle istituzioni. Come pure il silenzio.

Commenti

Alessia ha detto…
Caro Antonello,
lo pensavo e lo penso ancora tutt'oggi: la situazione de L'Aquila tanto diversa nn è da quella del terremoto dell'80 in Irpinia.Pur essendo passati quasi 30 anni, in Campania e Basilicata c'è ancora gente che abita in strutture definite "d'appoggio"...ma appoggio x quanto tempo ancora?!? Siamo nel 2009 e in Irpinia si parla ancora di PROSEGUIRE (e nn TERMINARE) la ricostruzione del 1980. Ma quando finirà ( se mai finirà) questa ricostruzione ? E' una vergogna...mi chiedo semmai il terremoto fosse avvenuto nella provincia di Milano, con epicentro zona Arcore, a quest'ora a che punto erano i terremotati di quella zona!Io ho vergogna...vergogna ad essere Italiana e ad avere un primo ministro che spende i soldi per feste private nella sua supermegagrandissimissima villa con tanto di servizio transfer offerto gentilmente dallo STATO ITALIANO quando abbiamo le forze dell'ordine che non hanno benzina nelle auto di servizio! E si definisce anche "Il miglior primo ministro degli ultimi 150 anni"...poveri noi, poveri italiani, poveri terremotati dell'80 e poveri Abruzzesi che, spero davvero con tutto il cuore di sbagliarmi, rimarranno lì nelle loro tendopoli e con i loro disagi x i prossimi 20 anni (se tutto va bene)!
Anonimo ha detto…
...e le quattro case che il nostro Presidente ha consegnato oggi a Onna in pompa magna dove le metti? Case tra l'altro costruite con i fondi raccolti dalla Croce Rossa e realizzate dalla Provincia di Trento, ovvero che il governo non c'entra nulla (tant'è che queste case non erano previste nel progetto del governo) ma si affretta a prendersi i meriti per poter poi dire che la promessa di dare le case ai terremotati a settembre è stata mantenuta...viva l'Italia!
Antonello Falchi ha detto…
Sarebbe bello chiederlo alle migliaia di persone sparpagliate negli alberghi del territorio abruzzese senza alcun criterio logico che, oltre a essere lontani dalla propria abitazione e dal posto di lavoro, non hanno una minima idea di quando potranno avere una casa (se avranno una casa).

Post popolari in questo blog

Il lanciatore di coltelli

La statura morale di un uomo

Il coraggio di Rita Atria